N.1: Papillon - il primo pagamento biometrico touchless
Pagare i propri acquisti semplicemente allungando una mano. Papillon è il nuovo sistema di pagamento biometrico touchless presentato da UniCredit. Il primo pagamento è stato effettuato da Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato di UniCredit, in un negozio della catena Kiko Make Up Milano.
Il pagamento avviene grazie a un sensore integrato in un POS di nuova generazione: il lettore riconosce la mappa delle vene della mano del cliente e, grazie a Papillon, completa il pagamento nel giro di alcuni secondi.
Il sistema, messo a punto dal nuovo team di Ricerca e Sviluppo di UniCredit (guidato da Marco Berini e Riccardo Prodam) riconosce la mappa delle vene e delle arterie della mano grazie allo spettro emesso dall’emoglobina presente nel sangue, quando colpita da un impulso elettromagnetico. Il sensore traduce non archivia né fotografa i dati: traduce invece la mappa in un codice numerico univoco. Un cliente, registrandosi al servizio, autorizza il sistema a tradurre le vene della propria mano in un codice numerico: a quel punto, basterà avvicinare la mano al sensore per essere riconosciuto in modo certo. Il tutto senza che il codice numerico permetta di ricostruire la mappa della circolazione sanguigna.
Papillon promette molte nuove applicazioni per servizi e operazioni che richiedono una identificazione sicura: pagamenti, utilizzo degli ATM, controllo degli accessi (uno dei tornelli della sede UniCredit di piazza Cordusio funziona già col sensore di Papillon), addirittura le serrature di case e automobili.
"Innoviamo per competere e crescere”, afferma Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato di UniCredit, “lo richiede il mercato e ancor più i clienti. Per questo lavoriamo per implementare un nuovo modo di fare banca, investendo risorse nello sviluppo di soluzioni all'avanguardia in grado di produrre anche nuovi prodotti e servizi. Il nuovo team di Research & Development ha iniziato a generare idee innovative e prototipi basati sulle tecnologie più avanzate, per valorizzare creativamente il nostro patrimonio, ovvero i nostri clienti, i colleghi e la nostra rete, per creare nuove soluzioni a beneficio di tutto il Gruppo”.
“Papillon è un cambiamento di paradigma”, aggiunge Marco Berini. “Sinora tutti i sistemi tradizionali d’identificazione riconoscevano un documento o un dispositivo che apparteneva all’individuo. Questo sistema riconosce l’individuo stesso attraverso una procedura semplice e per nulla invasiva come il mostrare il palmo della propria mano a un sensore, senza neanche toccarlo”.
N.2: Looking around corners - per rendere visibile l'invisibile
Al MIT progettano occhiali per visite low-cost (e per spiare
dietro gli angoli).
Ramesh Raskar è entrato al MIT per: «Inventare tecnologie radicalmente
nuove». La montatura consente di regolare gli occhiali senza specialisti.
Ramesh Raskar vuole rendere visibile l'invisibile. «Il mio lavoro inizia sempre
da un obiettivo che sembra impossibile da raggiungere», spiega il direttore del
gruppo di ricerca Camera Culture al Media Lab del Mit di Boston,
negli Usa. «Poi a poco a poco diventa improbabile e alla fine inevitabile». Uno
dei suoi progetti impossibili è Looking Around Corners, letteralmente:
"guardare dietro gli angoli". L'idea sembra degna di Superman ma è
possibile: grazie a un laser a impulsi si possono percepire oggetti che non
sono nel campo visivo.
Raskar non è nuovo a questi exploit. Nel 2000, nei laboratori della
Mitsubishi, in Massachusetts, creò una macchina fotografica multiflash. «Avevo
40 brevetti, ricevevo proposte industriali ogni settimana, ma la routine
mi stava uccidendo», spiega Raskar. Così si è trasferito al Mit e ha creato un
nuovo campo dell'ottica: «Studiamo come la luce si sposta. Creiamo un fascio di
fotoni, analizziamo l'immagine e al computer invertiamo il processo per capire
come inizia tutto».
Il team di Raskar lavora a diversi progetti: gli occhiali che
fotografano la retina (qui sotto), i display 3D senza vetro e Netra, un dispositivomedico
low-cost che, inserito in uno smartphone, fa i test della cataratta e l'esame
delle diottrie. «Possiamo costruire strumenti che costano miliardi di dollari e
sono usati da un solo utente», conclude Raskar, «oppure strumenti che costano
un dollaro e possono aiutare milioni di persone». - J.M.
Fonte: http://www.wired.it
N.3: Bio-On: la bottiglia che scompare
I polimeri del futuro sono biodegradabili e si sciolgono nell’acqua in meno di due mesi. Due imprenditori stanno per lanciarli sul mercato.
Le grandi invenzioni partono dalla constatazione di piccoli fenomeni. Ad esempio, l'idea della bioplastica venne in mente a Marco Astorri nel 2006, quando vide un pezzetto di plastica abbandonato su un prato di montagna. Quel pezzetto era uno skypass, lasciato cadere da uno sciatore, confuso tra la neve fino a quando la bella stagione non l'aveva sciolta. " Non era un bello spettacolo vedere tutti quei rettangolini di plastica colorata sul verde dei prati e sapere che sarebbero rimasti lì per migliaia di anni se nessuno li avesse raccolti", spiega Astorri. Così, lui e il suo amico e collega di lavoro, Guy Cicognani, decidono di creare una plastica in grado di sciogliersi nell’acqua nel giro di 40 giorni, due mesi.
La cosa incredibile – quasi quanto la loro invenzione – è che né Astorri, né Cicognani sono due scienziati. Astorri ha una formazione da grafico pubblicitario, Cicognani la chimica l’ha studiata all’università, ma senza mai laurearsi. La loro bioplastica, che si chiama Minerv – e che è un Pha, ovvero un polimero – dovrebbe entrare in produzione nel 2012. Per allora, la Bio-on (così si chiama l’azienda), con sede a Minerbio, vicino a Bologna, dovrebbe essere dotata di uno stabilimento in grado di produrne 10mila tonnellate l’anno.
La cosa incredibile – quasi quanto la loro invenzione – è che né Astorri, né Cicognani sono due scienziati. Astorri ha una formazione da grafico pubblicitario, Cicognani la chimica l’ha studiata all’università, ma senza mai laurearsi. La loro bioplastica, che si chiama Minerv – e che è un Pha, ovvero un polimero – dovrebbe entrare in produzione nel 2012. Per allora, la Bio-on (così si chiama l’azienda), con sede a Minerbio, vicino a Bologna, dovrebbe essere dotata di uno stabilimento in grado di produrne 10mila tonnellate l’anno.
Astorri e Cicognani hanno investito 450mila euro per le licenze e, quest’anno, si sono impegnati a versarne altri 2,3 milioni per depositarne di nuove con validità ovunque. Perché la Minerv ha tutte le caratteristiche di un’invenzione in grado di rivoluzionare l’industria su scala globale. Chi pensa in grande non può esimersi dal rischiare grosso. Ma i due amici sono sicuri della riuscita della loro impresa, che ha premesse comunque scientifiche.
Il Pha è un polimero prodotto da diversi tipi di batteri. “ Il segreto del Minerv non è nel batterio o in cosa produce, ma piuttosto nel come farlo crescere più rapidamente e produrre il Pha più puro possibile”, spiega Cicognani. E chi conosce ed è in grado di far fruttare al meglio questo segreto, è Simone Begotti, capo dello sviluppo alla Bio-on. La ricetta giusta per la produzione di Pha, spiega Begotti, sta nel creare il mix migliore di zuccheri e di ossigeno che faccia ingrassare rapidamente i batteri senza intossicarli.
Le analisi di mercato sono tutte dalla parte di Cicognani e Astorri: nel 2020 la domanda di Pha punterà alle 890mila tonnellate con una crescita annuale del 25% da oggi al 2015. Il video mostra il processo di scioglimento della bioplastica in una bacinella nel giro di 56 giorni. Quegli skipass che tanto avevano “disturbato” Astorri impiegherebbero 4mila anni. Un bel risparmio di tempo, vero?
Fonte: http://www.wired.it
N.4: Aida: il copilota robot
Sui cruscotti capita di vedere di tutto: pupazzetti, santini, calciatori e donne nude, ma a Boston hannoscelto di piazzarci un robot: Aida. È un sistema intelligente che non sa solo leggere le piantine, ma anche interpretare il tuo umore. «Le persone hanno un forte legame con la loro automobile», spiega Kenton Williams del Personal Robots Group del Mit, «vogliamo sfruttare questo coinvolgimento per rendere l'esperienza di guida più piacevole». Aida (acronimo di "Affective intelligent driving agent") è il risultato di una collaborazione tra la gloriosa università del Massachusetts e il gruppo Volkswagen in grado di imparare le abitudini di un guidatore incrociando dati comportamentali con informazioni in tempo reale provenienti dai sistemi di bordo e dalla rete. All'origine era un'unità separata ma, con la diffusione degli smartphone, è stata ripensata come un'app per Android. Sulla base della tua agenda e del traffico, Aida può, per esempio, avvisare che sarai in ritardo. E presto saprà anche leggere l'umore del suo compagno di viaggio: «Perché un autista sereno aumenta la sicurezza per tutti», spiega Williams.
Fonte: http://www.wired.it
N.5: Halo intersceptor, il primo "elojetscafomobile"?
Halo Intersceptor è la nuova auto concettuale che lascia andare la fantasia a briglie sciolte: progettata dal designer britannico Philip Pauley ha una triplice natura visto che promette di filare su qualsiasi superficie e condizione dalla terra, all’acqua ma anche in aria.
Già perché non è solo una automobile-aereo, ma anche una
auto-elicottero e una auto-barca! Halo Intersceptor ha una sorta di natura
modulare nel senso che prende la base centrale ampliandone gli orizzonti con i
supporti extra per il volo e per la navigazione marittima.
Dall’idea alla realizzazione c’è ancora un grande gap da
colmare, tuttavia Halo Intersceptor potrebbe ispirare qualche film di
fantascienza, magari dedicato ai supereroi oppure a 007 proprio per questa sua
strabordante e assurda natura ibrida.
Ecco un video che mostra l’auto Halo Intersceptor nelle sue varie nature. A questo punto, perché non renderla sommergibile e astronave?
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